ApprofondimentiDiritto BancarioLa Cassazione fissa nuovi criteri per l’usurarietà degli interessi moratori

18 Ottobre 20190

Nuova rilevante pronuncia della Cassazione civile sulla verifica dell’usurarietà dei tassi di interesse moratori

La recente Sentenza n. 26286/2019 della terza sezione della Cassazione civile fissa nuovi criteri per la verifica dell’usurarietà dei tassi di interesse moratori. I principi di diritto espressi nella citata pronuncia sono molteplici e meritano adeguata disamina.

Il primo principio di diritto si occupa, con funzione meramente confermativa di una corrente interpretativa oramai consolidata, della non cumulabilità degli interessi corrispettivi con quelli moratori ai fini della verifica dell’usurarietà di questi ultimi: “Nei rapporti bancari, gli interessi corrispettivi e quelli moratori contrattualmente previsti vengono percepiti ricorrendo presupposti diversi ed antitetici, giacché i primi costituiscono la controprestazione del mutuante e i secondi hanno natura di clausola penale, in quanto costituiscono una determinazione convenzionale preventiva del danno da inadempimento. Essi, pertanto, non si possono fra loro cumulare. Tuttavia, qualora il contratto preveda che il tasso degli interessi moratori sia determinato sommando al saggio degli interessi corrispettivi previsti dal rapporto un certo numero di punti percentuale, è al valore complessivo risultante da tale somma, non ai soli punti percentuali aggiuntivi, che occorre aver riguardo al fine di individuare il tasso degli interessi moratori effettivamente applicati“.

Le novità iniziano con il secondo principio di diritto, certamente innovativo in sede di legittimità, che si occupa dell’individuazione delle soglie applicabili per gli interessi moratori ai fini della verifica dell’usurarietà oggettiva: “Nei rapporti bancari, anche gli interessi convenzionali di mora, al pari di quelli corrispettivi, sono soggetti all’applicazione della normativa antiusura, con la conseguenza che, laddove la loro misura oltrepassi il c.d. “tasso soglia” previsto dall’art. 2 della legge 7 marzo 1996, n. 108, si configura la cosiddetta usura c. d. “oggettiva” che determina la nullità della clausola ai sensi dell’art. 1815, secondo comma, cod. civ. Non è di ostacolo la circostanza che le istruzioni della Banca d’Italia non prevedano l’inclusione degli interessi di mora nella rilevazione del T.E.G.M. (tasso effettivo globale medio), che costituisce la base sulla quale determinare il “tasso soglia”. Infatti, poiché la Banca d’Italia provvede comunque alla rilevazione della media dei tassi convenzionali di mora (solitamente costituiti da alcuni punti percentuali da aggiungere al tasso corrispettivo), è possibile individuare il “tasso soglia di mora” del semestre di riferimento, applicando a tale valore la maggiorazione prevista dall’art. 2, comma 4, della legge n. 108 del 1996. Tuttavia, resta fermo che, dovendosi procedere ad una valutazione unitaria del saggio di interessi concretamente applicato – senza poter più distinguere, una volta che il cliente è stato costituito in mora, la “parte” corrispettiva da quella moratoria -, al fine di stabilire la misura oltre la quale si configura l’usura oggettiva, il “tasso soglia di mora” deve essere sommato al “tasso soglia” ordinario (analogamente a quanto previsto dalla sentenza delle Sezioni unite n. 16303 del 2018, in tema di commissione di massimo scoperto)“.

La novità della pronuncia è evidente: confermata l’oramai acquisita assoggettabilità degli interessi moratori alla verifica dell’usurarietà oggettiva, viene esteso il meccanismo già stabilito per le c.m.s. dalla Sentenza a sezioni unite della Cassazione civile n. 16303/2018: sulla base della rilevazione trimestrale del tasso supplementare di mora applicato mediamente dagli istituti di credito, bisognerà considerare un tasso soglia di mora da sommare a quello ordinario al fine di verificare l’eventuale superamento del limite oggettivo di usura.

La pronuncia, in tal modo, si pone in netto contrasto con la recente Ordinanza n. 27442/2018 della medesima sezione della Cassazione civile, la quale escludeva l’applicazione di una differente soglia per gli interessi moratori.

Non meno innovativo, ancora, appare il terzo principio di diritto affermato nella Sentenza in commento: “Per gli interessi convenzionali di mora, che hanno natura di clausola penale in quanto consistono nella liquidazione preventiva e forfettaria del danno da ritardato pagamento, trovano contemporanea applicazione l’art. 1815, secondo comma, cod. civ., che prevede la nullità della pattuizione che oltrepassi il “tasso soglia” che determina la presunzione assoluta di usurarietà, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 108 del 1996, e l’art. 1384 cod. civ., secondo cui il giudice può ridurre ad equità la penale il cui ammontare sia manifestamente eccessivo. Sono infatti diversi i presupposti e gli effetti, giacché nel secondo caso la valutazione di usurarietà è rimessa all’apprezzamento del giudice (che solo in via indiretta ed eventuale può prendere a parametro di riferimento il T.E.G.M.) e, comunque, l’obbligazione di corrispondere gli interessi permane, sia pur nella minor misura ritenuta equa“.

In altre parole, il Giudice chiamato a verificare l’usurarietà del tasso di interesse moratorio, ha il potere di accertare l’esistenza di usura oggettivo in caso di superamento del tasso soglia (così come sopra determinato) e dichiararne la non debenza ex art. 1815, comma 2, c.c., ma può, altresì, accertare, in quanto clausola penale, la manifesta eccessività dell’interesse moratorio e, per l’effetto, disporne la riduzione ad equità ai sensi dell’art. 1384 c.c..

Per ultimo, la Sentenza n. 26268/2019 si occupa anche dell’efficacia e validità della cd. clausola di salvaguardia, con la quale gli istituti di credito predeterminano la riduzione dei tassi applicati nel corso del rapporto al limite massimo della soglia usuraria tempo per tempo vigente: “In tema di rapporti bancari, l’inserimento di una clausola “di salvaguardia”, in forza della quale l’eventuale fluttuazione del saggio di interessi convenzionale dovrà essere comunque mantenuta entro i limiti del c.d. “tasso soglia” antiusura previsto dall’art. 2, comma 4, della legge n. 108 del 1996, trasforma il divieto legale di pattuire interessi usurari nell’oggetto di una specifica obbligazione contrattuale a carico della banca, consistente nell’impegno di non applicare mai, per tutta la durata del rapporto, interessi in misura superiore a quella massima consentita dalla legge. Conseguentemente, in caso di contestazione, spetterà alla banca, secondo le regole della responsabilità ex contractu, l’onere della prova di aver regolarmente adempiuto all’impegno assunto“.

La novità della pronuncia è evidente: da un lato si dichiara legittima e non elusiva la clausola di salvaguardia, sempre più spesso utilizzata dal ceto creditizio per evitare future contestazioni; dall’altro, la prova della corretta applicazione della clausola e, dunque, del mancato superamento effettivo del tasso soglia tempo per tempo vigente, viene posta a carico dell’istituto di credito il quale, in tal senso, ha assunto una specifica obbligazione di cui ha l’onere di provare l’esatto adempimento, secondo le regole consolidate di ripartizione dell’onere probatorio (per tutte: Cass. Civ., ss.uu., n. 13533/2011).

La Sentenza n. 26286/2019 è chiaramente destinata ad infittire il già ricco dibattito sull’istituto dell’usura ed è probabile che la novità dei principi enunciati possa sollecitare una nuova chiarificatrice pronuncia delle Sezioni unite.

avv. Edgardo Riccardi

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